“Viaggiatore, non c’è sentiero. Il sentiero si fa mentre cammini.”
Antonio Machado
L’essere nel mondo di Irina si sperimenta con modi e approcci diversi, ma ovunque lei vada io sono presenza reale e tangibile, riconosciuta nella sua interezza, come accade a Il Cairo, in quel gennaio 2019. Un viaggio, compiuto accanto e grazie alla solida e adorata Huda Asfour, che apre ad Irina e a me la struggente magnificenza del Medio Oriente, regalandoci uno sguardo ardente su quel mondo incantato, così seducente da lasciare senza fiato, così vicino per occhi, attese, tradizioni, atmosfere e sapori. Qui, nella capitale egiziana, viviamo con Huda e la sua incredibile famiglia, qui, respiriamo la diversità culturale in ogni sua forma, qui, impariamo un nuovo concetto di casa e appartenenza. Da qui, quello che arriva dopo è come un regalo scartato la mattina di Natale, quando ormai non ci speri più che arrivi quello che desideri, ma poi accade e ti travolge, ti sale dalla gola alle ciglia e scende giù, scaldando le ossa e disintegrandole di gratitudine, avvolgendoti di stupore e grazia.
In marzo, con l’ormai inseparabile Huda, Irina partecipa all’Aga Khan Music Awards di Lisbona, poi arriva luglio, il fortunato luglio 2019, che mi vede muovere i primi passi, più sicuri e fieri, sulla lucida e familiare superficie del Lario, nella graziosa cornice di “Intorno al Festival”, il goloso corollario al Festival Como Città della Musica ideato dal Teatro Sociale.
Cammino, dunque, sorretto da queste due donne straordinarie, due musiciste che si fanno baluardo di colori e sonorità mediterranee, coccolando la mia piccola esistenza, come se fosse un miracolo, riconoscendo la mia giovane e antica natura, concentrandosi sul superamento dei confini prossimi, quelli pieni di sole e profumi speziati, quelli al di là del Mare Nostrum.
La storia, a questo punto, diventa più recente: nell’autunno dello stesso anno il favoloso duo parte per un tour americano e, a gennaio 2020, prima che il destino ci riservasse uno dei periodi più difficili e incerti del mio e del vostro tempo, Irina riunisce in Mongolia tutte e quattro le anime che mi abitano. La sua, che mi mantiene in vita. Quella mediorientale di Huda, che mi fa battere il cuore. Quella indiana di Sandeep, che mi compone le membra. Quella cinese di Wu Tong, che mi nutre l’intelletto. Quattro pilastri, quattro ceppi solidi che trattengono ed espandono un grande e potente fuoco, d’arte e creazione, capace di contaminare ogni intorno possibile, capace di pensare ad un futuro ricco, di musica e speranza.
Io sono questo, una scintilla di gioia, pronta a dimostrare che tutto può essere, pronta ad incendiare di bellezza alla minima occasione. E, credetemi, l’occasione già c’è. È lì, ad un passo, e ha una forma davvero seducente. Ve ne parlerò presto. Promesso.